La Repubblica 07/12/2012
“Onu, verso l'accordo sui gas serra ma i tagli sono 10 volte troppo bassi”
L'intesa sul Kyoto 2 riguarda solo Unione europea, Australia, Svizzera e Norvegia. Ma la sopravvivenza del trattato ha soprattutto un valore simbolico per la difesa del clima
dal nostro inviato, ANTONIO CIANCIULLO
DOHA - Unione europea, Australia, Svizzera e Norvegia firmeranno il "Kyoto 2", la seconda fase di impegni prevista dal protocollo siglato in Giappone nel 1997, ma la misura dei tagli dei gas serra nel periodo 2013 - 2020 sarà decisa il prossimo anno. Per l'accordo più ampio, che dovrà includere tutti i paesi, è confermata la corsa contro il tempo: l'intesa va raggiunta entro il 2015 e diventerà operativa dal 2020. Per il Fondo Verde, destinato ad aiutare i paesi più poveri nella transizione tecnologica verso un sistema produttivo a basso impatto ambientale, a Doha i paesi europei hanno messo sul tavolo 8 miliardi di euro: si dovrà arrivare a 100 miliardi all'anno entro il 2020.
Sarà questa, con buona probabilità, la conclusione delle due settimane di discussione alla conferenza Onu sul clima. La trattativa andrà avanti ancora tutta la notte per affrontare i nodi ancora irrisolti: l'emendamento per dare immediata operatività al Kyoto 2; tempi e modi di alimentazione del Fondo Verde; lo sgonfiamento della bolla della "hot air", cioè delle riduzioni di emissione di CO2 frutto del collasso industriale del sistema sovietico conteggiate come voce positiva nel bilancio di alcuni paesi. Ma l'ossatura dell'accordo di Doha, a meno di un colpo di scena dell'ultimo momento, è sostanzialmente definita.
Il negoziato ha retto a un duro colpo: dal protocollo di Kyoto si sono sfilati Canada, Russia e Giappone. Il drappello che resta è responsabile di un pacchetto di emissioni serra pari al 15 per cento del totale. La sopravvivenza del trattato del 1997 ha dunque ormai soprattutto un valore simbolico, rappresenta il filo di continuità della lunga trattativa per difendere il clima che conosciamo.
La vera partita è l'intesa globale, e su questo fronte i giochi sono appena iniziati. "Dobbiamo fare in fretta perché il cambiamento climatico sta arrivando velocemente, molto più velocemente di quello che ci si poteva aspettare", ha dichiarato il segretario Onu Ban ki-Moon. Al momento però i numeri comunicati dagli Stati come obiettivi di riduzione consentono di arrivare a un taglio delle emissioni serra che è meno di 10 volte quello che i climatologi delle Nazioni Unite considerano necessario per garantire la sicurezza di tutti.
Secondo il rapporto Unep (il Programma ambiente dell'Onu), per mantenere il riscaldamento sotto i 2 gradi le emissioni dei vari gas serra (misurati in termini di equivalenza all'anidride carbonica) devono scendere a 44 miliardi di tonnellate entro il 2020: oggi siamo già a circa 50 miliardi e senza interventi nel 2020 arriveremmo a 58 miliardi. Le riduzione annunciate valgono appena 1 miliardo di tonnellate. "E' difficile che il salto necessario venga fatto in assenza di misure di riequilibrio del mercato che consentano di includere nel prezzo parte dei danni prodotti dall'uso dei combustibili fossili: per questo si parla di carbon tax e di standard di efficienza", ha dichiarato il ministro dell'Ambiente Corrado Clini. Obiettivi che restano lontani mentre l'onda d'urto dei disastri climatici si avvicina. Lo ha ricordato, tra le lacrime, il delegato delle Filippine parlando del tifone che ha sconvolto il suo paese: "Basta ritardi, basta scuse. Lancio un appello a tutto il mondo: aprite gli occhi e guardate in faccia la realtà".